Introduzione


Un nuovo dinamismo (economico) italiano – preteso e desiderato – nell’area danubiano-balcanica, sembra influenzare a livello retorico il dibattito che si aperto negli ultimi anni sull’integrazione politica ed economica dei nuovi soggetti statali sorti post ‘89. Dibattito che a livello istituzionale, accademico o anche giornalistico è divenuto più intenso soprattutto dopo lo scioglimento della Federazione Jugoslava e il riproporsi, pur all’interno della cornice comunitaria, delle tradizionali dinamiche geopolitiche dell’area1. In questo contesto di regressione alla politica degli interessi, bisogna domandarsi che ruolo stia giocando l’Italia e quali possibilità di successo abbia la sua azione; se cioè, come è stato auspicato, stia acquisendo formalmente un suo “status obbligato di media potenza”2 oppure stia ulteriormente declinando da questo ruolo, svolto informalmente per un cinquantennio. Dibattito che ha trovato una non casuale coincidenza col binomio retorico guerra umanitaria-democratizzazione.

Se un “profilo [va letto] dietro [una] mancanza di obiettivi precisi e di linee-guida strategiche [dietro un’] ambivalenza senza principi, dietro il dilettantismo operativo”3, indubbiamente il Sud-Est europeo si segnala come un’ area d’interesse: che – se “ispirata dall’Iniziativa diplomatica Centro-Europea4” – sarebbe centrata principalmente su Albania, Slovenia e, in parte, Croazia5. Questo potrebbe segnalare una parziale riproposizione anche da parte italiana, di schemi tradizionali di politica estera. Il ruolo importante svolto dalle forze italiane in ambito di peacekeeping, però, non può farci dimenticare che (su un piano complessivo) l’Italia “non può assurgere per il suo peso, alla stadio di forza alternativa stabilizzatrice dell’intera area. La realtà è che bisogna fare i conti realisticamente con quelle che sono le direttrici della politica tedesca”6. Direttrici che in ambito regionale troverebbero una precondizione nel Patto di Stabilità7: come delimitazione geostrategica dell’area. Direttrici rispetto alle quali, i Balcani “per la Germania e per l’Europa sono un ponte fondamentale per l’Asia”8. Rispetto alle quali l’Euroregione Adriatica9 è un’area funzionale.

La difficoltà di delineare un quadro coerente degli interessi e delle iniziative italiane sta nell’ambito critico stesso in cui si è inserito questo rinnovato interesse: in campo economico, alle succitate “mancanze” e alle storiche carenze di sistema, la crisi da ristrutturazione che sta travagliando il capitalismo italiano; la crisi generale della società italiana10. Come termini legati, i mutamenti economico-sociali11 hanno storicamente comportato ricadute sull’atteggiarsi in politica estera, sul modo di rapportarsi-manifestarsi all’esterno; riflessi sull’identità nazionale e pesanti influenze da questa. Mentre persistono alcune costanti strategico-economiche12, i Balcani non rivestono più per l’Italia la tragica importanza simbolica d’un tempo.

Non si tratta certo di proporre (in un contesto felicemente mutato) paralleli in senso neorevisionista ma di riflettere sulla consistenza di un’eventuale riacquisizione di una politica nazionale. Se è vero che un simile percorso stanno seguendo altri partner europei e che si registra, appunto, una tendenza mondiale in forme anche regressive e deleterie. In un momento di crisi, paradossalmente questa tendenza potrebbe favorire una ripresa del processo d’integrazione politica13 con un atteggiamento più pragmatico nei confronti della costituenda politica estera e di difesa comune. Così come, dovrebbero rappresentare uno stimolo le questioni ancora aperte: Della ridefinizione del quadro istituzionale bosniaco e kosovaro14; Di una futura completa integrazione dei nuovi Stati balcanici; Della stabilità del confine sud-mediterraneo. Se – come è stato detto – “l’Europa non può integrarsi se le sue periferie non sono stabili”15 e integrate.



1 Cfr. Adolfo PEPE, Le prospettive geopolitiche dei Balcani tra Europa e Asia centro-meridionale in AA. VV., La comunità internazionale e la questione balcanica, Rubettino, Soveria Mannelli 2002, pp. 141 e ss.: Secondo un “riflesso storico condizionato della geopolitica tedesca” ed europea.
2 Carlo Maria SANTORO, La politica estera di una media potenza, Il Mulino, Bologna 1991, p. 215.
3 Ivi, p. 12.
4 Cfr. “Central European Initiative” , 1/4/06, http://www.ceinet.org/; Nebojsa VUKADINOVIC, Les enjeux de la stabilisation et de la reconstrucion des Balkans, “Politique Étrangère”, 2000, 1, pp. 151-161.
5 A. PEPE, op. cit., p. 148.
6 Ivi, p. 150: “Certo sull’Albania o su altre realtà minori possiamo esercitare questo ruolo, ma non sull’intera area […]. Né la Comunità internazionale lo riconosce né noi stessi abbiamo il peso specifico per un’azione di questo genere”.
7 Cfr. “Stability Pact for South Eastern Europe. Constituent Documents”, 1/4/06, http://www.stabilitypact.org/about/constituent.asp.
8 A. PEPE, op. cit., p. 151.
9 Cfr. ADRIATICUS, La nuova frontiera è il progetto euroadriatico, “Limes”, Macedonia/Albania, Le terre mobili, 2001, 2, pp. 189-197.
10 Cfr. Luciano GALLINO, La scomparsa dell’Italia industriale, Einaudi, Torino 2003; Paolo SYLOS LABINI, La crisi italiana, Laterza, Roma-Bari, 1995.
11 Cfr. Zygmunt BAUMAN, Modernità liquida, Laterza, Roma-Bari 2002; cfr. Mario DEAGLIO, Postglobal, Laterza, Roma-Bari 2004; cfr. Massimo GAGGI-Edoardo NARDUZZI, La fine del ceto medio, Einaudi, Torino 2006; Neah H. ROSENTHAL, The shrinking middle class: myth or reality ?, “Monthly Labor Review”, 108, 1985, 3, pp. 3-10, 1/4/06, http://www.bls.gov/opub/mlr/1985/03/art1full.pdf.
12 Cfr. Ludovico INCISA DI CAMERANA, La vittoria italiana nella terza guerra mondiale, Laterza, Roma-Bari, 1996.
13 A. PEPE, op. cit., p. 150: “Io uso provocatoriamente i termini nazionali non solo per realismo ma anche perché credo che, in una certa misura, aiutino a capire le difficoltà dell’Europa”.
14 Declinato invece nel senso della cantonalizzazione. Cfr. Fabio MINI, Kosovo roadmap: Stato a stelle e strisce o protettorato europeo in L’impero senza impero, “Limes”, 2004, 2, pp. 25-34; Franco E. VASELLI, “Kosovo: UE e USA, tornano le divergenze di Rambouillet”, ANSA,19/3/04; “Kosovo: Piano Ahtisaari, ecco le novità che contiene”, ANSA, 2/2/07.
15 Carlo JEAN, La crisi balcanica e l’azione europea, in La comunità internazionale…, op. cit., p. 121.